ASTOLFO ENRICO SCURI: L’INVINCIBILE

di CLAUDIO ENRICO BALDINI

 I PRIMI PASSI

Tum venit Papienus…..Allora giunse Papieno, figlio di Italo, primo Re del Lazio, e fondo’ Pavia. Aveva 419 anni e altri 121 ne visse…(sic!) E in questo tempo, potenze del “potere”, non mise al mondo piu’ di dodici figlie e quattro figli. Da lui, dunque, ebbe nome la citta’ di Pavia; tanto almeno bonariamente accetta Gianni Brera, illustre penna del The-sin, del bel fiume cioe’ che piu’ del Po, col quale si sposa giu’ alla Becca, e’ dai pavesi amato.

E’ terra d’antichi natali, questa. Vi stanziarono Marici e Laevi prima, poi Romani, quindi Punici e Unni, Ungheri e Mongoli, Burgundi e Longobardi, Franchi ed altri ancora. Tanti e diversi. In un fondersi continuo di etnie e di tradizioni, formando ceppi di robustissimi uomini; gli stessi, che agli albori della nuova civilta’ della luce, recarono lustro ed allori di prima scuola d’Italia nell’arte del maneggio di manubri e di pesi ai colori della Societa’ Ginnastica Pavese 1879.

All’ombra di torri millenarie che ancora svettano sull’antico tempio della Sapienza, l’Alama Ticiniensis Universitas, nasce in Corpi Santi di Pavia il 9 maggio 1868, figlio di Ernesto Scuri e di Luigia Pozzi, Astolfo Enrico, primo Campione italiano di sollevamento pesi.

Sono, quelli, anni di grandi entusiasmi. La Nazione ha da poco preso coscienza di se stessa. V’e’ brama di fare, volonta’ di costruire, di emergere, di primeggiare, di mostrare al mondo capacita’ e concretezza di intenti che gli Uomini del Risorgimento hanno reso possible estrinsecare. E’ in questo momento di vigorosa operativita’ che prende le mosse il fenomeno sportivo in Italia.

Enrico Scuri, come vedremo, ne diverra’ uno dei maggiori e piu celebrati interpreti.

Il piacere di misurarsi con se stesso e di stupire gagliardi competitori lo incontra rapidamente in famiglia, collaborando con il padre nella conduzione dell’azienda casearia. Suo, infatti, e’ il compito di raccogliere il latte fresco alle cascine. Suoi i compiti di rigirare e di lustrare le grevi ruote del grana; di esercitarsi, insomma, con sovraccarichi di non trascurabile entita’ che lo spingono talvolta a “numeri” di straordinario effetto, quali il passeggiare per l’aia con un paio di sacchi di grano sulle spalle oppure il sollevare disinvoltamente con la schiena carri straripanti di fieno.

Intanto il padre Ernesto decide di allargare i propri affari e prende residenza in citta’. Il giovane Enrico conosce, allora, la palestra di via Luigi Porta e si iscrive ai corsi di atletica che il maestro Telesforo Comi organizza per conto della Ginnastica Pavese. Corre l’anno 1886, il movimento ginnastico nazionale e’ ancora in via di formazione; non esistono particolari diversificazioni tra discipline e discipline. Tutto e’concentrato nelle Federazioni Ginnastiche che passano disinvoltamente dalla scherma alla lotta, dal nuoto al podismo e cosi via dicendo.

In palestra i piu’ si dedicano agli esercizi ordinativi di squadra; le prove individuali sono scarsamente praticate. Mancano anche le occasioni di gareggiare, i concorsi sono rari, i saggi soltanto annuali e offrono poche soddisfazioni ad un giovane che sente ribollire nel sangue dei vent’anni la voglia di battersi. Insomma di competere con gli altri.