SCHERMA

Fine ottocento o quasi. Certi valori morali di allora valgono ancora e contraddistinguono una classe ma anche un modo di vivere e pensare. Ci sono dei valori emblematici che non valgono una discriminazione, ma sono in effetti il riscontro di un momento sociale: che riflette anche un momento storico, quando nella disciplina sportiva si identificava la spontanea selezione di uomini.

La scherma aveva allora un significato, nella continuita' di una tradizione che i piu' noti testi di "cappa e spada" romanzavano d'attualita'.

Una componente in piu' della visione panoramica della Societa' Ginnastica Pavese alle sue origini.

L'ambiente era quello che era, la disponibilita' pertanto un compromesso tra la realta' e l'animus degli uomini.

Prima che il divenire di un momento politico portasse ad una diversa strutturazione, la scherma nella nostra citta' trovo' iniziativa ed ambiente in seno alla Ginnastica Pavese.

In pedana i giovani impegnati nelle tre armi tradizionali: fioretto, sciabola e spada a terra, maestri nei diversi tempi, Greco, Di Candia e Colombetti.

Una scuola con molti allievi, alcuni dei quali leggono queste note e con qualcuno di essi abbiamo avuto occasione e piacere di un "ritorno" ad uno dei piu' bei momenti dello sport pavese.

I fratelli Aurelio e Camillo Ricotti (farmacisti in Borgo Ticino), Beonio Brocchieri e Balduini (poi illustri professionisti), Monti (ingegnere), Pasi, Polloni (professore), Bottelli (noto commerciante), Testa e De Amicis (poi professori), Risi Mario, Cornalba.

L'attivita' allora mancando una coordinazione a livello nazionale, venne espletata sotto il profilo agonistico attraverso confronti con clubs della Lombardia (di Milano e Como con maggior frequenza).

Come altri sport che all'origine hanno avuto la possibilita' di una concreta pratica sotto l'egida della Societa' Ginnastica Pavese, anche la scherma ad un dato momento si svincolo' per liberalizzarsi in una "sala d'armi".